Briciole



Buongiorno lettori,

Ieri mattina stavo ascoltando la radio a lavoro e ho sentito suonare le note di Briciole di Noemi. Una lampadina mi si è accesa in testa e ho deciso di ascoltare quello che mi diceva il mio istinto. Oggi avevo pensato di pubblicate un WWW...Wednesday, ma la canzone di Noemi mi ha fatto tornare in mente un racconto che ho scritto per un concorso almeno 6 anni fa (forse anche di più) proprio ispirato a questa canzone. Non so perchè ma ho pensato subito che volevo farlo leggere a chi segue il mio blog...spero vi piaccia!


C’era una cosa che non avrebbe dimenticato tanto facilmente. Un particolare che non voleva lasciare andare: la cosa che la teneva ancorata ai ricordi sebbene la parola fine fosse già stata scritta.
Un particolare che, in fondo, sperava ancora di riuscire a descrivere ai propri nipoti.
I suoi occhi. Occhi che l’avevano incantata. Occhi che ora la facevano soffrire.
Il solo ricordo di quello sguardo dolce che le veniva rivolto pochi mesi prima le toglieva il respiro.
Da un po’ di tempo lui sembrava più distante e meno interessato, finché alla fine l’aveva lasciata lì, sola.
Niente spiegazioni. Una semplice parola: destino.
Lui pensava al suo di destino, lasciando sola Chiara. Lasciandola con il cuore infranto, senza apparenti possibilità di riparazione.
Ora Chiara stava sdraiata sul suo letto a pensare a quello sguardo che tanto la feriva, quanto avrebbe potuto consolarla se fosse stato veramente presente.
Che puoi fare quando vieni lasciata cadere nel vuoto?
Cosa succede quando tocchi il fondo? Quando le lacrime non riescono più a scorrere sul tuo viso e l’abbandono lascia il posto alla rabbia?
Le lacrime, però, coprivano ancora le guance di Chiara lasciandoci su un luccichio che rifletteva la luce proveniente dallo spiraglio lasciato dalla tenda tirata sulla finestra aperta.
Non voleva compagnia. Chi poteva sapere cosa provava?
Le parole fanno presto ad uscire dalla bocca della gente. Facevano presto loro a dire che “passerà”.
Chi poteva saperlo con certezza?
Un pensiero continuava a riempirle la testa senza lasciarle una via di scampo. Ogni qual volta chiudesse gli occhi si ripresentava il viso di Marco con una domanda: “E se fossi tu a non voler dimenticare?”
Forse era veramente lei che non voleva lasciarlo andare. Non aveva intenzione di perdere la bellezza di quegli occhi. Ma se voleva veramente riuscire a passare oltre quella storia doveva perderla, doveva abbandonarla come essa aveva abbandonato lei.
Ricordare la faceva soffrire, dimenticare era ancora più doloroso.
Senza realmente rendersene conto si mise a sedere a lato del letto, rivolta verso la finestra.
Stringeva ancora il cuscino al petto come se potesse veramente attutire i colpi che stancamente il suo cuore rotto subiva.
Lentamente si alzò e si diresse verso il bagno; forse quello che ci voleva era una doccia che lavasse via il dolore, che donasse pochi minuti di sollievo.
Prese la biancheria per potersi cambiare e la poggiò sopra il mobile a cassetti nell’angolo del bagno, poi iniziò a spogliarsi.
Prima di entrare nel box doccia e lasciarsi andare al sollievo, decise di accendere la radio sperando di avere un po’ di compagnia che non l’avrebbe turbata.
Lo speaker spiegava qualcosa inerente agli avvistamenti alieni e così Chiara sentì il suo bisogno esaudito.
Si infilò sotto l’acqua calda e rimase lì per un po’ pensando soltanto all’acqua che scorreva sulla sua schiena lasciando una scia calda sulla sua pelle.
Note di canzoni iniziarono a scorrere insieme all’acqua ma lei non ci badava.
Si concentrò con tutta se stessa sul tragitto dell’acqua sul suo corpo.
Involontariamente una strofa si infilò  nel suo orecchio facendola tornare alla realtà.

Non c'è più niente niente niente
Che mi leghi a te
Mi sento un vuoto da disperdere
Toccare il fondo per capire che
E’ un nuovo giorno senza te.

Improvvisamente si rese conto della veridicità di quelle semplici parole scappate da sotto il rumore dell’acqua.
Ora cosa c’era che la legava a Marco?
Cosa c’era che la teneva stretta ad una storia conclusa che non sarebbe più tornata?Un bisogno infantile di affetto?Una richiesta di aiuto per non restare sola?
Quello che veramente la legava a Marco era solo il ricordo di quel suo sguardo che ormai non la guardava più.
Le persone cambiano e noi dobbiamo adattarci, sempre, anche se fa male.
Da quanto stava vivendo come se lui fosse l’unica cosa che la teneva aggrappata alla vita?
Il dolore ancora la sovrastava ma lentamente e impercettibilmente stava scemando; stava lasciando posto alla rabbia, alla voglia di ricominciare.
La canzone continuava imperterrita come se nessuno la stesse ascoltando.
E in Chiara nacque un barlume di speranza. Forse anche lei ce l’avrebbe fatta ad uscirne.
Finì di farsi la doccia stando attenta a lavare via tutti i residui delle lacrime dalle sue guance.
Ora bastava prendere una decisione. La voglia di far sapere a Marco che lei avrebbe ricominciato a vivere prese il sopravvento e un po’ barcollante Chiara si spinse verso la cucina dove avrebbe trovato carta e penna.
Dopo aver recuperato gli oggetti che le servivano si portò al tavolo posizionato al centro della stanza. Si sedette su una delle sedie e iniziò a scrivere.
Finita anche quella operazione rimase a fissare il foglietto scritto soppesando le varie possibilità: farlo sapere a Marco o lasciargli pensare che fosse ancora distrutta.
Chissà cos’avrebbe voluto lui?Vederla soffrire o sapere che comunque sarebbe riuscita a riprendersi e ad andare avanti?
Non le importava veramente. Se avesse voluto vederla soffrire, trovare il biglietto sarebbe stata una bella sorpresa. Se, invece, avesse voluto vedere che si sarebbe comunque ripresa, quel fogliettino l’avrebbe rincuorato.
Con aria assente si alzò e tornò verso camera sua dove prese a vestirsi guardando il vuoto davanti ai suoi occhi. Poi si diresse verso la porta di casa e uscì ben sapendo dov’era diretta. Ripose il foglietto in tasca e s’incamminò verso la via che consisteva nella sua meta.
Arrivò davanti al palazzo che ben conosceva e che ora le sembrava nuovo, sconosciuto. Suonò un campanello a caso e chiese di aprire il portone facendosi passare per la postina. Salì le scale a fatica, lentamente. Si portò davanti alla porta che aveva varcato tante volte.
Era indecisa: suonare o non suonare?Forse bussando avrebbe avuto meno possibilità di essere sentita.
Così fece: bussò. Estrasse il foglietto dalla tasca e lo posò sul tappeto sperando che nessuno lo raccogliesse prima del destinatario.
Si rialzò e si girò per andarsene e, in quel momento, la porta si aprì.
Non ebbe il coraggio di girarsi ma sapeva benissimo chi si fosse affacciato sulla soglia.
Il rumore della carta le fece capire che il foglietto era stato raccolto da terra e solo allora ebbe la certezza della sua scelta. Si voltò, pronta a dire addio a quegli occhi. Pronta a lasciarsi indietro quella storia andata male, quel pezzo di vita felice che ora la voleva distruggere.
<<Addio>>. Fu la sola parola che uscì dalle sue labbra.
Marco dalla porta non parlò ma fece un sorriso malinconico di assenso tornando alle parole del foglietto:

Ma da sempre chi ama di più
è costretto a soffrire
e ti giuro che io ritornerò
molto in alto a volare
e quando io sarò più lucida
quando io non sarò più innamorata di te...

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